La sessantaduesima parola buona è SILENZIO.
Dieci anni fa é stata pubblicata la Biografia del silenzio di Pablo d’Ors. A molti sarà passata per le mani la traduzione italiana – per i tipi di Vita & Pensiero – del 2014.
L’autore, saggista, romanziere, critico letterario e presbitero, ha scritto una Trilogía del silenzio composta, oltre che dalla Biografia, anche da L’amico del deserto (del 2009 per Quodlibet dal 2015) e da L’oblio di sé (del 2013, ancora per Vita & Pensiero dal 2016).
Pablo d’Ors ha seguito un preciso processo produttivo. Ha annotato le proprie riflessioni per tre anni, durante i quali si è esercitato quotidianamente nella ricerca del Maestro interiore. Dalle centinaia di pagine ha estratto molte summe e le ha accompagnare con il racconto delle sue fatiche a cominciare ad abitare il silenzio.
Dopo il Covid, che ha incrementato la deprivazione sensoriale, il senso di solitudine e quello di isolamento, e la distanza fisica ed emozionale dagli altri, e il timore di disastri anche ulteriori, ci possiamo domandare se nel 2012 Pablo d’’Ors abbia anticipato profeticamente le difficoltà comunicative degli ultimi due anni e mezzo.
I primi dati epidemiologici dicono che l’isolamento sociale da Covid (chiusura di scuole, luoghi di svago, distanze familiari) ha prodotto un dolore psichico simile solo a quello dei due conflitti mondiali del Novecento.
Per i soggetti più fragili, i più sensibili, i più soli, è stato difficile apprezzare il silenzio. Per molti é difficile trovare una sintesi personale al dilemma se vivere di musica o vivere di silenzio.
Per tutti, è stato necessario comprendere che sia fare musica sia fare silenzio sono un’arte perché tanto il silenzio quanto la musica fanno risuonare i nostri animi.
La nuova parola buona è SILENZIO.
Togliere i rumori esterni, aiuta a trovare la nostra voce profonda e a camminare in coerenza con lei.
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