La settantasettesima parola buona è RICICLO.
“I consumi crescono senza limiti”. “Dobbiamo limitare gli sprechi”. “Occorre riciclare”. Sono espressioni che richiamano a gesti che l’essere umano ha fatto un po’ sempre.
Gli archeologi, per esempio, dicono che nel lontano passato gli oggetti domestici danneggiati andavano incontro a molti rimaneggiamenti prima d’essere considerati definitivamente rotti e inutilizzabili. Per secoli, a fronte di nuove esigenze, gli oggetti di metallo sono stati rifusi. Quando noi adulti di oggi eravamo bambini, era comune riutilizzare libri scolastici o ereditare capi di abbigliamento appartenuti a qualche parente.
Perché, dunque, oggi, sono di moda e di tendenza le produzioni e i servizi che si ispirano alla filosofia della sostenibilità e del riciclo? Semplicemente perché ci stiamo accorgendo che le materie prime costano assai, che chi le possiede conduce guerre commerciali, reali e mediatiche pur di sfruttarle fino in fondo; che le soluzioni ai bisogni non possono essere trovate una volta per tutte.
È così anche per la materia dei nostri sogni. Ogni notte dormita è una notte di lavoro per la nostra mente, un lavorio che somiglia molto al decidere che cosa fare delle infinite sollecitazioni e associazioni che hanno riguardato le ore precedenti il prendere sonno.
Quando in psicoterapia mi faccio raccontare i ricordi mattutini dei pazienti, sono relativamente pochi i sogni con un grande valore simbolico. Molti, però, hanno coscienza viva di essersi misurati con intense emozioni. Ed è pure un gran sollievo saper consegnati al pensiero incosciente della notte precedente i propri turbamenti. Così, all’alba, ci alziamo ritrovando nel bagaglio da portare quegli elementi – esperienze, collegamenti, apprendimenti – che, riciclati nei nuovi giorni, saranno utili per affrontare l’oggi e il domani, e al conseguimento dei nostri obiettivi.
La nuova parola buona è RICICLO.
Nei tempi più bui, le soluzioni brillanti combinano realismo, flessibilità e creatività.
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