La diciasettesima parola buona è PROSSIMITÀ.
Quante volte abbiamo sentito parlare di distanziamento sociale anziché di vicinanza e prossimità! La pandemia ha imposto di non avvicinarci agli altri, stando a un metro o due metri a seconda delle circostanze. Una sola eccezione: le persone con le quali conviviamo. Con loro è possibile stare stretti. Visti i lutti dei primi mesi del 2020, la prudenza indica di evitare o, quanto meno, di dilazionare altri picchi infettivi. Giunta l’estate, il nemico invisibile obbliga ad uno stato di assedio mai immaginato nella stagione che più si trascorre all’aperto.
Nelle vacanze, come prima era stato per la scuola, per il lavoro e per le attività sportive, sono sovvertite le consuetudini. Si riscoprono le mete di viaggio prossime, con il vantaggio che la Penisola è una miniera di bellezze a cielo aperto. Si preferiscono i percorsi turistici e i soggiorni ben organizzati: le strutture ricettive si sono attrezzate con le norme anti-Covid-19.
Specie dove è stato percepito il massimo pericolo, la riorganizzazione è stata notevole. I servizi per il benessere delle persone sono oramai solo su appuntamento, i negozianti pongono attenzione che non si manipolino gli oggetti prima che li si scelga, nei luoghi a traffico limitato molti marciapiedi sono dedicati al flusso delle persone in una sola direzione. Inoltre, sono state ben differenziate le zone di ingresso e di uscita negli spazi condivisi e sui mezzi pubblici. Ancora, per continuare con gli esempi, un gran numero di ristoratori ha attrezzato aree esterne e distanziato i tavoli al coperto. Dunque, la prossimità, cioè l’incontro ravvicinato d’improvviso, non è più così necessaria? Tutt’altro. Il rischio epidemico ha messo in chiaro che qualunque persona ci stia di fronte è un’occasione unica e irripetibile per metterci in relazione. Quando l’altro non sollecita la nostra attenzione e ci lascia indifferenti, lì ci impoveriamo. Chi pretende di definire i propri bisogni e le proprie realizzazioni in modo egoistico, precipita nell’inferno della solitudine. Chi ragiona in base a categorie ideologiche, non compie valutazioni corrette perché si costruisce immagini sbiadite delle situazioni reali. Ironia della sorte, l’esperienza pandemica con le sue oggettive limitazioni, ha fatto riscoprire la profondità degli sguardi di chi ci sta di fronte. Si coglie meglio la tenerezza di quegli abbracci che vorremmo scambiare ma non è ancora possibile dare.
La nuova parola buona è Prossimità. Condividere le esperienze e il proprio tempo con gli altri non è mai scontato. Quando si percepisce la reale presenza e la possibile assenza di chi è vicino, si è davvero provocati a giocare appieno la relazione.
Pillole audio di Sergio Astori
TI È PIACIUTA LA PAROLA BUONA? CONDIVIDILA!