La settantatreesima parola buona è ARTE.
Benché la comunicazione di massa talvolta veicoli contenuti davvero disgustosi, in generale il cinema, la radio, la televisione e i social nutrono l’immaginario collettivo di molti elementi piacevoli.
Pure quando lo sguardo e l’ascolto sono sollecitati al confronto con le dimensioni tragiche dell’esistenza, l’arte ci sfida a prendere una posizione.
L’opera di maggior impegno sociale e politico del Novecento resta senza dubbio Guernica dipinta nel 1937 da Picasso. Per quanto riguarda il secolo corrente è facile considerare che nessuno riesce ancora a distogliere lo sguardo dalle magnetiche documentazioni filmografiche dell’attacco alle Torri Gemelle.
Sono documenti eterni, che, malgrado le tinte fosche, inducono un automatico apprezzamento per i valori universali del rispetto degli altri e della pacifica convivenza.
“L’arte – diceva Kant – può rendere belle quelle cose che in natura sono brutte o spiacevoli. Una sola specie di cose brutte non può essere rappresentata senza che vada distrutto ogni piacere estetico e quindi la bellezza dell’arte – aggiungeva il filosofo -, quelle che ispirano disgusto”.
Le immagini di Guernica, delle Torri Gemelle, ma anche molte immagini cinematografiche sono intense senza essere disgustose. Oggi come non mai, abbiamo a portata di mano infiniti strumenti per promuovere l’elevazione del nostro spirito. Qualsiasi mezzo artistico ridefinisce costantemente la nostra rappresentazione collettiva: la moda, il design, l’arte culinaria, la street art, la pubblicità, gli spettacoli, le composizioni musicali, ecc… Siamo arricchiti da tutto ciò che risulta divergente e provocante senza offendere.
La nuova parola buona è ARTE.
Suoni, immagini e parole sono cibi sani e gustosi se non offendono e non feriscono.
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