La settantaquattresima parola buona è ALBA.
Nei mesi scorsi la stampa si è soffermata sulle sorti dei bambini coinvolti nella guerra che da più di un anno insanguina l’Ucraina. Non possiamo dimenticare anche le migliaia di giovanissimi coinvolti nel sisma che ha devastato le regioni turche e siriane.
I bimbi e i neonati che si salvano dalla furia dei bombardamenti o dallo sbriciolarsi di palazzi sembrano i segni di una primavera che freme per ricominciare, o tornare.
Li guardiamo come germogli scampati all’assedio di un gelido inverno.
Ci sovviene il ricordo di altre creature: quelle che attraversano il Mare Mediterraneo tra le braccia congelate delle loro madri.
Per descrivere i corpicini stretti dentro le giacche dei grandi, un poeta come Mario Luzzi avrebbe scelto parole come «soffio», «alito», «gemito» o, forse, «annuncio». I poeti dicono ciò che non di rado la mente umana perde di vista. I poeti trovano il sussulto in mezzo alle immagini di morte. Sanno che la vita non si annulla, che anche quando si era eclissata torna a zampillare. Il ricominciamento possibile.
Desideriamo un giorno luminoso in cui cessino i colpi delle armi e i guadagni dei prepotenti alle spalle dei più poveri. Continuiamo a speralo perché lo spirito della natura riesce ancora e sempre ad accendere una nuova alba, la cui luce guida un movimento di resurrezione che nessun ordine oscuro riesce mai a fermare.
La nuova parola buona è Alba.
La vita zampilla da un giorno con l’altro e noi possiamo dare credito a questo continuo ricominciamento.
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