La centesima parola buona è SPERANZA.
Per costruire ambienti su misura dei nostri bisogni attuali e delle nostre necessità future, occorre speranza. In medicina, lo testimoniano i pazienti che si sottopongono a interventi importanti con il desiderio di migliorare, quelli che attendono con fede l’arrivo di organi e di cure innovative, quelli che si impegnano in trattamenti che allontanano da casa per diverso tempo. Chi si trova in uno stato di limite o dispera o spera ancor di più.
In genere, è più complicato far ripartire le esistenze personali quando ci si trova immersi in un clima collettivo di incertezza. Solo nell’ultimo quarto di secolo, la speranza collettiva è stata messa a dura prova dalla crisi geopolitica del 2001, da quella economica del 2008 e dalla crisi sanitaria del 2020.
I giovani nati negli ultimi due decenni si domandano quale futuro erediteranno dagli adulti di oggi, che sembrano sazi delle immagini sfornate dagli strumenti tecnologici e, al contempo, indifferenti alle crisi planetarie prodotte da scelte di prepotenza, di discriminazione, di distruzione, di morte.
Per fortuna sono parecchi giovani che si inquietano! Significa che continuano a intuire un tempo diverso. Sono tanto timorosi quanto desiderosi di dare corpo a un domani nel quale ritrovarci tutti più maturi in umanità.
La nuova parola buona è SPERANZA
Credere ancora in una possibilità è la terapia cardine per vincere il dubbio e la paura.
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