La settantaduesima parola buona è AUTENTICITÀ.
In occasione di un’intervista televisiva, la giornalista Paola Russo mi ha domandato di scegliere una parola resiliente.
Ho pensato alla parola Autenticità.
Da molto tempo, credo dal lockdown nazionale in poi ancor di più, i social forzano l’attenzione delle persone verso notizie presentate in modo sensazionalistico.
Vediamo alcuni esempi.
Dapprima siamo stati travolti da fiumi di parole allarmanti e allarmistiche sulla crisi sanitaria determinata dal Coronavirus, quindi un profluvio di pronostici sulla difficile rielezione del Capo dello Stato. Con l’invasione dell’Ucraina ecco il picco delle comunicazioni sugli attacchi militari. Poi, come se la guerra fosse finita, i cuori e le menti sono state assalite dalle immagini dell’arresto di un super latitante. E alla morte della Regina Elisabetta e del Papa emerito, subito un vorticare di sospetti su possibili intrighi di palazzo. Si potrebbe andar avanti così, quasi all’infinito.
Giorno dopo giorno gli editori scaltri hanno cavalcato l’onda emozionale generata dall’ascolto dei virologi, dei quirinalisti, degli strateghi militari, e hanno trasformato i media in cassa di risonanza per le interviste alle cameriere, agli ex segretari e ai figli cadetti usciti di casa.
La continua ricerca di polemiche mediatiche solletica il vizio di emettere giudizi sommari di fronte a fenomeni complessi. Si rinnova così l’antico sport nazionale di saperne tutti sulla partita e sui giocatori più degli allenatori e delle squadre stesse.
Quando si illude che si possa saziare ogni curiosità con spiegazioni semplificanti, è in quell’istante che iniziano a circolare pericolose dietrologie.
La nuova parola buona è AUTENTICITÀ
Ritroviamo noi stessi se riconosciamo i tentativi di banalizzazione che allontanano dall’afferrare il cuore delle questioni.
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